Così a prima vista Lou Bond ci ha ricordato l'immagine del vagabondo tanto in voga negli anni '70 sui portelloni di Citroen Diana o Ds (più nota come lo squalo). E non ci siamo andati tanto lontano perchè, a parte l'aspetto decisamente più abbronzato, siamo di fronte ad un personaggio alla perenne ricerca di una libertà espressiva che lo distinguesse dalla massa. Chitarra in spalla si è spinto attraverso i sentieri più polverosi del soul, gli stessi battuti da altri "disgraziati" come Terry Callier o Rodriguez. E nel tentativo di far confluire la cultura folk e cantautoriale americana nell’universo black si è ritagliato, al pari dei compagni di viaggio, un'oblio espressivo equidistante dai gusti poco inclini ai compromessi razziali del music business. Solo oggi viene ristampato da Light In The Attic l’omonimo album del ‘74 e per entrare nel mood sono sufficienti gli oltre 10 minuti di “To the establishment”, un rare groove che stende letteralmente al tappeto, campionato da gente del calibro di Outkast, Brother Ali, Prodigy. Spegnere la luce o chiudere gli occhi, fate voi.
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