Io e il mio socio ci sentiamo periodicamente per informazioni più o meno inutili, tipo i nostri ascolti o le pippe da ridere che ci spediscono via uozzap.
Spesso le conversazioni prendono risvolti un filo più seri, soprattutto quando si parla di personaggi che stanno più o meno a cuore di tutti e due, tipo Dan Auerbach in questo caso.
Allora ci si chiede più dettagliatamente dove sia la linea di confine fra cuore e ragione.
Da parte mia ritengo "Waiting On a Song" uno stiloso modo di essere anonimo, di passare inosservato, senza rumoreggiare (come nel precedente Kip It Hid, più Black Keysiano in tutto), nè contendere un cazzo a nessuno.
C'è voglia di fare musica per sè stessi, chiusi in studio con amici fidati (dei signori musicisti).....e si sente eccome.
C'è voglia di omaggiare il passato, di trovare atmosfere piacevoli e conosciute, di musica analogica, di suoni caldi, di soul e rock'n'roll vecchio, mai fuori dalle righe, sempre soffice e scorrevole.
Questo è un disco che sfonda la porta già aperta della grande minoranza musicale di appassionati del genere, quei 40 semi-tardoni nostalgici (alzo la mano), insieme ai tanti musicisti mirati, quei due o tre under 30 che acquisteranno il vinile più perchè va di moda che per il resto....e forse strapperà qualche sorrisino dolce da parte di qualche donzella r'n'r per la "friabilità" del prodotto (passatemi il termine).
Quanto venderà? Qua da noi pochino.
Volendo rimanere mainstream, posso dire che dà a braccetto a certe uscite di Ben Harper, andando a rosicare da quel genere di fruitori colti.
Però parliamoci chiaro: quando fai questa tipologia di dischi il portafoglio è l'ultimo dei problemi.
Ti rivolgi al tuo pubblico e segni una tacca.
Io ce l'ho in macchina in repeat da settimane.
A me il dado non doveva dimostrare nulla.
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