Non vuole essere una recensione, di tempo per farle come si deve non ne abbiamo più. Piuttosto una guida tascabile all'approccio di un album a cui potreste chiudere la porta in faccia già al primo mezzo ascolto. Sbagliando a parer mio, ma in buonissima fede.
Iniziamo col piantare dei paletti.
Non è un album da rocker vero, puzzolente e conservatore.
La svolta elettronica è evidente così come l'abbandono graduale e inesorabile delle chitarre.
Non è troppo prodotto né troppo indie, né eccessivamente sperimentale.
I synth la fanno da padrone.
Considerarlo solo un episodio dettato esclusivamente da una voglia di cambiamento, per altro apprezzabile e legittima, è assai riduttivo.
La svolta elettronica è evidente così come l'abbandono graduale e inesorabile delle chitarre.
Non è troppo prodotto né troppo indie, né eccessivamente sperimentale.
I synth la fanno da padrone.
Considerarlo solo un episodio dettato esclusivamente da una voglia di cambiamento, per altro apprezzabile e legittima, è assai riduttivo.
C'è molto di più.
Così, dentro a questo recinto immaginario di pensieri confusi rimane un album dalle forti influenze '80, infarcito di tastiere lisergiche, un po cafone e traslucide melodie in falsetto.
Fortissimo soprattutto nei brani lenti dalla propensione vagamente balearica.
Nel complesso è un disco che gioca e vince sulle atmosfere svagate e svaccate: ascolto perfetto per agosto, dove i giochi dell'estate sono ormai fatti e la cappa malinconica diventa un limbo inesorabile.
I brani migliori a mio avviso sono questi tre:
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