SHABAZZ PALACES
Black Up
subpop, 2011
E' sufficiente leggere almeno le ultime due righe in rosso.
La Sub Pop Recods ha licenziato un disco hip hop. Un album che ci sono voluti cinquantamila anni per realizzarlo. Il primo in assoluto. E non è detto che in futuro ce ne siano altri. Non è una scelta casuale, o dettata da una suggestiva voglia di cambiamento, ne tantomeno da logiche di mercato. E comunque la si voglia interpretare, farsi sfuggire un talento tanto cristallino, seppur lontano dalle solite coordinate sarebbe stato delittuoso. Guai. Non è difficile riconoscere nell’enigmatico progetto avant-hip hop Shabazz Palaces il dono del talento. Tutta farina setacciata di Palaceer Lazaro campione di una visione arcana dell'hip hop, già Ishmael “Butterfly” Butler, uno dei tre Digable Planets, nonché frontman dei Cherrywine. E, buon sangue non mente, cugino di Gonjasufi. Lazaro ed i suoi Shabazz Palaces ci conducono in territori oscuri, dove l’hip-hop viene arricchito e contaminato da ritmi discordanti, synth vorticosi e metriche avanguardiste, dure e crude. Ma chiare. Con ritmi che emergono e poi scompaiono altrettanto velocemente creando un'effetto sconcertante; eppure l'album è ben lungi dall'essere sfocato. Ogni traccia è scarna nella produzione ma arriva dritta e muscolare, senza mai perdere di vista il fatto che l'hip-hop dovrebbe contorcersi inesorabilmente in avanti. Il lusso come lo intendono le persone modeste. Dopo di loro l’hip hop non sarà mai più lo stesso: tutti i rimatori d’avanguardia ed i moderni primitivi che tentano di dominare i ritmi antichi ci si dovranno confrontare.
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