DIRTY BEACHES
BADLANDS
kill zoo music
2011
Taiwan, Toronto, Montreal, e Honolulu sono alcuni posti che Alex Zhang Hungtai chiama casa. La vita in viaggio di un uomo posseduto dal fascino della strada, quello che ha lasciato un marchio distintivo sulla cultura narrativa degli anni 50'. Dirty Beaches, il progetto one-man di Alex, cattura questo stile con tatto e sostanza in un road album di una bellezza direi minacciosa, sepolto sotto strati di storia tanto quanto le sue melodie sono sotto distorsione e riverberi. Badlands è un album che, con le debite proporzioni, segue l'eccezionale potenza narrativa di Nebraska in una versione sintetica di 27 minuti costruita su nostalgia, immaginario, ma soprattutto su un grande songwriting che trova alloggio perfetto nella produzione lo-fi. Se dovessi amplificarlo forte nel mio appartamento, i miei vicini probabilmente potrebbero sospettare che abbia tirato fuori un fonografo vecchio stile e abbia iniziato a suonare brandelli di vecchi vinili rockabilly. E non ci sono chiavi di lettura alternative, naturalmente, ma la manipolazione del suono è più convincente che mai. Come i primi Suicide o il vecchio Ariel Pink, Badlands ha il merito e la forza di suonare maestoso con un arsenale strumentale piuttosto limitato.
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