08/11/10

LOST IN THE SUPERMARKET

- Frequenze Fast review -

THE PHANTOM BAND
The Wants

chemikal underground
2010

Dopo il sorprendente debutto “Checkmate Savage” (2009), uno dei dischi dell’anno per noi ed anche per MOJO, gli scozzesi Phantom Band, tornano sul luogo del delitto perfetto con “The Wants” dopo sei mesi di immersione totale in un primordiale calderone costituito dai più disparati generi musicali. E fra testi di licantropi e vampiri, fra David Lynch e John Carpenter, fra kraut cosmico e rock alternativo, fra psichedelia e folk apocalittico, fra armonie R&B e doo-wop, e fra Nick Cave e i Can lasciano ancora sbalorditi. Li aspettiamo quanto prima in Italia.


THE GLIMMERS
Whomp That Sucker
gomma rec.
2010

Secondo DJ Magazine, i Glimmers sono il duo più avventuroso del mondo, le vere menti dietro cui si cela il successo altrui: partendo dal mash up, per poi passare al mischione raffinato di generi e finendo, in tempi non sospetti, con le escurioni cosmiche. Sempre in anticipo rispetto a chi ne ha tratto ispirazione e giovamento: Alkan, Soulwax e Lindstrom. Ma è conclamato: il sapersi vendere non è la loro miglior dote. Con Whomp That Sucker è la prima volta che incidono un disco fuori dalla loro etichetta e con l'apporto di Ray Mang (recentemente unitosi alla DFA) hanno partorito una collezione di tracce dance che gli stessi Glimmers ci descrivono: “come un disco dai beats superpotenti, synths analogici, bleeps, bassi ed effetti da suonare a martello (meglio se leggermente alterati) per apprezzarlo al top”. A voi quattro esempi concreti.


BEATRICE ANTOLINI
Bioy
urtovox
2010

Ho letto tante buone recensioni sul terzo album dell’Antolini, alcune addirittura esaltanti. La ragazza in effetti è da considerarsi in tutto e per tutto una mosca bianca nel panorama musicale italiano, dal vivo poi è una furia, e merita sempre attenzione. Con il terzo album si conferma sempre molto ispirata ma il passo successivo davvero determinante che mi sarei aspettato già da ora è un'altro: riuscire a trasporre il tutto in lingua madre. Per diversi motivi:
1) Album cosi all’estero si contano sulle dita di più mani e vantano produzioni mediamente migliori.
2) A meno che non siate figli di madrelingua o abbiate masticato un medio lungo ersasmus lascerei sempre perdere con l’inglese. Sul mercato internazionale una pronuncia scolastica è troppo penalizzante per risultare credibili. E in questo noi italiani siamo maestri.
3 ) Album in lingua inglese da ricordare prodotti in Italia non me ne vengono in mente.
4) Quasi mai la lingua italiana e il ritmo hanno partorito qualcosa di significativo.
E questa sarebbe una bella sfida alla portata di Beatrice.

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