- Frequenze Reviews -
Diciamolo subito: il nuovo disco dei Coral è un avveduto compendio di conoscenza di uno dei periodi musicali più ricchi, floridi e ridondanti di idee della storia musicale dell'uomo. Un periodo che, ad oggi, fornisce le basi ad ogni musicista che si possa definire tale.
Diciamolo subito: il nuovo disco dei Coral è un avveduto compendio di conoscenza di uno dei periodi musicali più ricchi, floridi e ridondanti di idee della storia musicale dell'uomo. Un periodo che, ad oggi, fornisce le basi ad ogni musicista che si possa definire tale.
Non è facile entrare nella cassaforte dei sixties senza scardinarne i lucchetti, la combinazione per intrufolarsi in quel parallelepipedo di visioni è proprietà di pochi. Eppure Skelly & Co. hanno dimostrato con naturalezza che gestire con rispetto ed estro quelle sonorità non è poi così difficile: basta avere (tanto) talento e una cospicua dose di mestiere. Non per niente questa prova (dal 2001 ad oggi) arriva dopo altri 5 dischi, come sesta ufficiale.
La differenza fra i precedenti Lp del gruppo e Butterfly House è percepibile soprattutto in termini di densità e sostanza. E' come se quel "best of" uscito qualche tempo fa rappresentasse la reale linea di demarcazione fra la veemente giovinezza del gruppo e una più fascinosa maturità.
Tutto l'album è incantevole, trainato dallo splendore di More than a Lover, Butterfly House e Roving Jewel, tre brani complessi, resi con semplicità disarmante anche (ma non solo) grazie all'ugola di Skelly (costantemente in bilico fra il piglio alla Scott Walker e l'inglese maniera di Ashcroft). Varrebbe i soldi spesi anche ci fosse solo quella.
Sebbene si legga un pò ovunque (giornali, web) di un appeal sul pubblico piuttosto in calo, sarebbe il caso di notare che, ad oggi, i Coral sono l'unica vera band in grado di sostituire in tutto e per tutto l'aplòmbe psichedelico dei primi amatissimi Stone Roses.
In poche parole, signori, a livello qualitativo siamo due spanne sopra alla media dei dischi di questi ultimi tempi. Un fragoroso applauso si alza dalle nostre tribune.
La differenza fra i precedenti Lp del gruppo e Butterfly House è percepibile soprattutto in termini di densità e sostanza. E' come se quel "best of" uscito qualche tempo fa rappresentasse la reale linea di demarcazione fra la veemente giovinezza del gruppo e una più fascinosa maturità.
Tutto l'album è incantevole, trainato dallo splendore di More than a Lover, Butterfly House e Roving Jewel, tre brani complessi, resi con semplicità disarmante anche (ma non solo) grazie all'ugola di Skelly (costantemente in bilico fra il piglio alla Scott Walker e l'inglese maniera di Ashcroft). Varrebbe i soldi spesi anche ci fosse solo quella.
Sebbene si legga un pò ovunque (giornali, web) di un appeal sul pubblico piuttosto in calo, sarebbe il caso di notare che, ad oggi, i Coral sono l'unica vera band in grado di sostituire in tutto e per tutto l'aplòmbe psichedelico dei primi amatissimi Stone Roses.
In poche parole, signori, a livello qualitativo siamo due spanne sopra alla media dei dischi di questi ultimi tempi. Un fragoroso applauso si alza dalle nostre tribune.
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