09/04/08

PORTISHEAD "THIRD"

- Frequenze Album Review -

"Third"
2008 - Universal

1. Silence
2. Hunter
3. Nylon Smile
4. The Rip
5. Plastic
6. We Carry On
7. Deep Water
8. Machine Gun (Mp3)
9. Small (Mp3)
10. Magic Doors
11. Threads

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Portishead Myspace


I Portishead sono sempre stati ben lontani da qualsiasi tipo di clichè commerciale. Dotati di un fascino tenebroso e oscuro, capace di evocare passioni, di scavare intimamente in ogni animo. Per questa innata capacità, in passato, alcuni dei brani di "Dummy" furono letteralmente saccheggiati e usati per un paio di spot televisivi. A questo i Portishead risposero con un ulteriore allontanamento dalla forma di canzone come classicamente intesa, scappando dalla folla e riparandosi in un secondo Lp, l'omonimo "Portishead", più difficile e scontroso del primo. In quei suoni anche l'appartenenza ad un particolare stile si scioglieva fra le note.
In seguito, l'allontanamento è diventato estraneazione. Poi silenzio. Undici anni di quiete. La parola Portishead è diventata un grosso monolite immobile ed imponente, mai più realmente tangibile. Da questo silenzio di cui Geoff Barlow e Beth Gibbons si sono circondati nasce "Third". Pieno zeppo di visioni impalpabili. Sentimenti, paure, passioni, pulsioni incontrollabili, amori indefinibili, urli agghiaccianti. Fantasmi che lottano contro il mondo, contro i suoi crismi. E si oppongono, uccidono e devastano il rumore che questo mondo produce.
"Third" è un'immenso quadro di immagini di guerra, dove il terreno è l’essere umano con tutti i suoi limiti. Si sentono mitragliatrici ("Machine Gun") e lamenti ("Hunter"), ansimi di incessanti corse verso una salvezza sperata e mai raggiunta (“We Carry On”), elicotteri che volano sopra a chi sta fuggendo - forse, dai propri precari vuoti esistenziali (“Plastic”) -. I beat esplodono ed implodono.
Poi, momenti di intima distensione tinteggiati di folk (“Deep Water”) che cambiano forma e mutano in boati kraut (“The Rip”). Silenzi sussurrati e riparati dal buio, illuminati solo da acidissimi e "Doorsiani" organi a forti tinte psicadeliche (“Small”).
In fine, un ultimo gemito, un pianto che attinge radici addirittura in architetture grunge ("Threads"). In cui un'altro spettro, quello di Layne Staley, si aggira come fumo dentro un bicchiere. Chi ha adorato Staley (defunto cantante degli Alice in Chains) sentirà la sua voce sotto quella della Gibbons. Emanazioni da due diverse dimensioni.
Catalogare questo album sarebbe come provare a classificare i sentimenti e gli stili da cui attinge, improbabile e drammaticamente troppo geometrico. I Portishead trascendono il rock, vanno oltre qualsiasi tipo di schema, fondono.
Se conoscete aggettivi o sostantivi che indicano una progressione verso una forma musicale che travalica l’essere canzone, qui siete liberi di usarli.

“Non mi illude più niente di niente. Ridere al sole è come ridere ai genitori. Ma io non voglio più ridere a niente.
E libera sia questa sventura”.

Arthur Rimbaud

2 commenti:

20nd ha detto...

Chi ha ascoltato e' rimasto veramente impressionato...

bLADiMiK ha detto...

Disco strano, forzatamente diverso, comunque molto carino.

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