20/06/07

WOVEN HAND - Ritratto di un moderno predicatore




Woven Hand, ovvero David Eugene Edwards, accompagnato dalla sua band. Già leader dei 16 Horsepower, Edwards è il punto di riferimento di un certo folk gotico americano: una voce profonda e perturbata, melodie oscure ed ombre funeste, un suono cupo ed affascinante. Atmosfere dark-folk ed allucinazioni in chiave sudista.
La sua storia personale, le lunghe migrazioni giovanili al seguito del nonno, predicatore, attraverso il Colorado, la scoperta in giovane età del punk-rock e della new-wave ed il suo recente passato musicale come leader dei 16 Horsepower, hanno sicuramente contribuito a formare quel particolare mondo che ha fatto diventare David una figura unica nel panorama musicale americano d’inizio secolo.
David è ormai, infatti, un personaggio “di culto” e seguito da un nutrito pubblico in tutta l’Europa: un cantautore capace di mettere assieme versetti del Vangelo ed invocazioni al Signore (niente a che vedere - in ogni caso - con il cosiddetto “christian-rock”, genere nel quale spesso i 16 Horsepower sono stati erroneamente collocati) ad un attitudine country-punk e ad una ricerca “esistenziale” in chiave new-wave/gotica. Anche la scelta degli strumenti non è per nulla canonica: slide guitar, banjo e bandoneon non corrispondono certo alle classiche attrezzature di una rock-band, ma con questi il nostro è riuscito a creare un proprio originale linguaggio, coerente e per nulla scontato nei suoni e nelle tematiche.
Mosaic è l’ultimo disco uscito a nome Woven Hand (il quarto in cinque anni): una nuova collezione di ballate lugubri ed introspettive in cui la ricerca musicale si spinge verso territori nuovi fino suggerire atmosfere orientali, melodie medioevali e stralci di musica sacra, che riflettono l’interesse di David verso le musiche tradizionale di altri continenti e di epoche passate.
Un concerto ad alta intensità per un musicista che non ha nulla da invidiare a talenti come Nick Cave o Johnny Cash, le cui performance conservano ancora quell’intensità e magnetismo che furono di gruppi come Joy Division e Gun Club.
Aprirà la serata Black Eyed Dog (Fabio Parrinello), cantautore nato a Varese nel 1979. Come molti adolescenti all’inizio degli anni ’90 imbraccia la chitarra dopo aver ascoltato Nevermind dei Nirvana. Il suo spirito ribelle, anticonformista ed enigmatico lo porta a viaggiare molto: vive per tre mesi ad Olympia, nello stato di Washington e per 4 mesi a Los Angeles, suonando nel circuito dei college. Infine si stabilisce a Londra, città nella quale vivrà per 4 anni, suonando nei gruppi Kalima e Blue Room e studiando canto presso la prestigiosa London Music School. Attualmente vive e lavora a Palermo.
L’album d’esordio di Black Eyed Dog “Love Is A Dog From Hell” è stato pubblicato da Ghost Records il 10 aprile. Le canzoni di Black Eyed Dog nascono principalmente sotto forma di ballate riflessive e disincantate, nelle quali spiccano elementi classici e tradizionali del folk anglosassone insieme ad un’attitudine più moderna, che deve molto al cantautorato americano dell’ultimo decennio.
“Woven Hand” è come si definiscono le due mani giunte in preghiera (d’altronde il tema della religione è sempre presente nella musica di Edwards, cresciuto da un padre predicatore nazareno) e il progetto nasce nel 2002, quando i 16 Horsepower si trovano in un momento di stasi dopo cinque album di livello siderale. A parte i contributi di chitarra di Stephen Taylor e di Daniel McMahon al piano e all’organo, l’omonimo album d’esordio di Woven Hand, su Glitterhouse, vede dunque Edwards in assoluta solitudine riprendere alcuni dei temi cari alla sua band di provenienza, come il gospel, un folk nerissimo e una sarcastica teatralità alla Nick Cave. E’ la cover di Bill Withers "Ain`t No Sunshine When She`s Gone" la perla del disco, un soul malinconico perfetto per l’inquieto talento di Edwards. Nel frattempo i 16 Horsepower riprendono a fare musica eccelsa, ma ciò non impedisce a Woven Hand di uscire nel 2003 con un secondo disco, Blush Music, in realtà una serie di pezzi del primo album riarrangiati e alcune cose inedite realizzate per la compagnia di danza moderna belga Ultima Vez Dance Company. Il risultato è comunque di altissimo livello, con i pezzi vecchi praticamente irriconoscibili e il disco che incede in crescendo come un unico brano da ascoltare senza interruzioni. E "Story and Pictures" (anche questa sul primo disco a nome Woven Hand) è probabilmente il più bel pezzo che Edwards abbia mai scritto; commovente ma stranamente lieve, la canzone si avvale di un semplice schema di pianoforte, di uno strimpellio di chitarra acustica e di una incredibile voce per comunicare una bellezza oscura e quasi mistica. Il culto di Woven Hand è ormai una realtà anche in Europa, e Consider the birds, terza uscita del 2004, lo consacra. Questa volta Edwards suona tutti gli strumenti, con grande spazio a percussioni a volte massicce, per arrivare a un risultato che è un piccolo capolavoro di minimal folk, un disco a tratti inquietante e dal suono “biblico”. Si arriva così al nuovo album (uscito qualche mese fa). Mosaic è edito dall’etichetta personale di Edwards, la New Jerusalem Music, e contiene anche un testo del IV secolo estratto dall’Eterno Creatore del mondo di S. Ambrogio. Come di consueto le sonorità sono a tratti ossessive e funeree, con Edwards che ammonisce e declama come in un sermone, facendo spesso leva su sensi di colpa e paure. L’uso della ghironda poi contribuisce a creare un’atmosfera ancestrale, severa, e non bastano gli archi e alcuni tocchi di piano e organo a portare un po’ di luce (di cui comunque non si sente la mancanza) all’opera. In buona sostanza Mosaic è un lavoro monastico che affascina, anzi ammalia, proprio per la sua oscura profondità, per il suo rigore, e conferma David Eugene Edwards come uno dei cantautori più originali degli anni a cavallo tra i due millenni.

CASTA'

1 commento:

Anonimo ha detto...

Wow, alla faccia del commento...Complimenti, ma da quanto tempo è in rete questo blog? Solo giugno?.......

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